La pastorizia in Sardegna negli anni Cinquanta. Realtà e rappresentazione
di Vincenzo Medde

Sebastiano Satta
Pastore con gregge
«Il pastore ha incorporato in sé, nella propria memoria, destrezza, coraggio e istinto quanto gli occorre per la conduzione del gregge. Secondo la sua stessa rappresentazione egli è uomo che sa il fatto suo, atleta o balente sempre in lotta con la natura, e molto più del contadino capace anche di adattarsi al gioco rischioso del mercato. Ma al mondo non reca che pretese, né la sua intelligenza, per quanto espressiva di miti e poesia, s’applica alle cose per mutarle a loro volta in strumenti o tecniche, cumulando il sapere e le risorse di ieri con quelli di oggi». (G.G. Ortu)
Una miseria corale, la Sardegna negli anni Cinquanta
di Vincenzo Medde

«Oggi, in una regione che rientra a pieno titolo nella parte più opulenta e sviluppata del mondo, sono difficilmente immaginabili le condizioni di assoluta povertà, di arretratezza e di fame dell’Isola, non solo nel periodo bellico e immediatamente successivo, ma per tutti gli anni Cinquanta. Per oltre un decennio, una miseria corale avvolge città e campagna, zone dell’interno e località marittime».
Tornare indietro per sentirsi Sardi
di Vincenzo Medde
La sociologa Anna Oppo intervenendo nel 2005 in un seminario sull’identità della Sardegna si chiedeva: «Esiste un’identità culturale dei sardi? E se esiste dove la si deve cercare? Nella testa della gente, nei comportamenti quotidiani che formano gli stili di vita, negli oggetti che sono di quella cultura e non di altre?».
L’opera dei picapedras nei paesi del Sinis e del Montiferru
di Ivo S. Fenu e Fabio Ferrari

Inoltrarsi nei vicoli di molti paesi dell’Isola può ancora riservare sorprese: è come fare un viaggio a ritroso nel tempo, immergersi in quella che fu la Sardegna spagnola, carica di esotismo e di arcane suggestioni. Vicoli stretti, muri di fango talvolta imbiancati che nascondono agrumeti e palmizi, o di pietra, a protezione di legnaie e magazzini in disuso. Un contrasto tra abbacinate luminosità e ombre profonde, colori e profumi un tempo dominanti e ora ridotti a rari e preziosi reperti di un passato lontano.
Tappeti, artisti, artigiani in Sardegna e in Italia
di Gillo Dorfles
Il fatto di considerare, a tutti gli effetti, il tappeto come un’opera d’arte ha una tradizione antichissima: nessuno – o ben pochi – ormai ritengono opportuno, come accadeva ancora qualche tempo fa, di fare una distinzione tra valore estetico d’un antico tappeto persiano, d’un tessuto copto o incaico, e quello d’una coeva scultura, ceramica o pittura. Il pregiudizio che, per qualche tempo, fece sì che si considerasse «minore» l’arte cosiddetta «applicata» e decorativa , ha fatto il suo tempo.
I retabli sardi per Wikipedia spagnola non esistono
di Vincenzo Medde
«La storia dell’arte sarda è una disciplina molto recente e lo studio delle sue peculiarità pittoriche non riesce ancora ad avere un giusto peso internazionale». Così rileva Enrico Pusceddu nella sua tesi di dottorato presso l’Università di Barcellona un estratto della quale trovate in questo sito nell'articolo Perché la storia dell'arte sarda viene studiata solo dai Sardi?
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